La libertà è camminare sulle onde del tempo, Senza barriere che, spesso, ti crea il mondo; Trattenere, nelle proprie mani, le gocce dell’ immortalità E non sentirsi prigionieri di una vita finta.
Creiamo, frequentemente, voragini tra noi e il mondo, Perché sentiamo di non appartenere a questo luogo. E se mai esistesse un ponte, che ci congiunga, La cattiveria umana lo ammuffisce e ci disgiunge.
Spesso non si comprende la libertà. Non si sa nemmeno cosa essa sia, E non perché la storia non la racconta, Semplicemente perché non la si tollera.
Ovunque vai, la liberta ha le sue espressioni. A volte si moltiplica, si confonde e si perde. Altre volte, invece, ci affligge e la si maledice, Perché la mente o il cuore non la comprende.
La libertà può essere una preghiera detta al vento. Quell’attimo di solitudine, che ci permette Di abbracciarci e rincuorare noi stessi, Per modellare con amore Il telaio per una vita migliore.
Ma poi, cos’è la libertà, Quando siamo schiavi del denaro, Schiavi della società e dei governi? Cos’è la libertà quando esistono coercizioni, Convenzioni e dominazioni?
Se usiamo, dunque, il lume della ragione La libertà ci appare come un’illusione. È come la nebbia che scende poi, se ne va. È come il sole che brilla durante l’inverno. È come un pezzo d’ombra nel deserto. È ovunque e, nel contempo da nessuna parte.
Questa è la mia visione della libertà: Un puzzle a cui pezzi mancano, Che rende vulnerabile il mondo e Disfa il tempo per non avere tempo. Autore ♡ Elena Nen
Un salto nella luce e sento il suono Dolce delle risate che fanno eco, Nella mia mente, come il vento d’estate E dove io voglio restare per sempre.
Una luce che mi avvolge nel tiepido tempo Di cui ricordi stendono un tappeto su cui, io, Possa camminare accompagnata dalla brezza dell’amore e un infinito senso di pace.
Qui voglio restare, nella luce, lontano dagli artigli dell’invidia e l’insofferente arroganza a cui occhi in fiamme mi cercano, come un falco cerca la sua preda, per masticarmi come se fossi l’ultima briciola.
Qui, di fronte al mare, dove i tuoi raggi mi cullano in una pacifica luce, io, trasformo la mia inquietudine in quiete e il mio cuore, a ritmo di speranza, batte nel profumo del mare e il suono del sale.
Qui, nell’aureola boreale dei tuoi raggi, che filtrano alla luce crepuscolare e ondeggianno con l’eleganza di un angelo, Io, voglio sognare e ritrovare il sole che è in me.
Lettere in volo, come la neve, descrivono
In aria l’amore poi si disperdono,
Si rincorrono poi ritornano, da me.
Mi trafiggono, mi uccidono poi mi
Risvegliano dai sogni dentro altri sogni.
Perdonami essere se ti ho deluso.
Non c’è tempo, dentro il mio tempo e
Con un scrocchio delle dita mi rende
Invisibile alla vita che scorre come un
Fiume e si perde in un barlume per poi
Spegnersi e lasciarmi, qui, nel buio.
Perdonami anima se mi sono nascosta.
Si disperdono, si raccolgono, mi lavano
Con lacrime, mi vestono di odio, mi
Nutrono di sofferenza per poi mostrarmi
Con orgoglio al mio riflesso dentro allo specchio.
Perdonami cuore se mi sono dimenticata.
Si solevano, si abbassano, mi dipingono
Con la paura, mi scolpiscono con la
Vergogna per poi poggiarmi come trofeo
Sullo scaffale dell’indifferenza.
Perdonami vita se ti ho tradita.
Il signor coraggio non dice basta, la
Signora pazienza è intrappolata e l’orgoglio Sanguina.
Io, un ricordo dentro al ricordo, briciole di me e Gocciole di vita, guardo da lontano come il respiro Diventa vortice e se ne va.
Annaspo nel oceano delle delusioni , chiamato vita, dove si fondano il dolore, la sofferenza e l’angoscia e mi abbracciano con forza e mi trascina giù, nell’abisso profondo , per inghiotirmi e togliermi ultimo respiro e ultima luce che i miei occhi trattiene. Remo contro corrente, lotto con i mulini a vento e l’urlo del mio silenzioso sprofonda nell’imundizia di parole che ogni giorno l’essere umano sgranocchia per poi sputare dalla sua bocca come veleno. Prigioniera della paura che non permette di sbirciare fra gli anfratti dei pensieri, di guardare oltre il muro , evadere, vivere. Ecco come precipita la vita, perché per quanto ci si aggrappa alla speranza, i troppi colpi sparati dal destino frantuma il cuore come la porcellana. Non c’è amore, soltanto un riflesso di ciò che vogliamo avere e sempre lo si scambia con qualcos’altro.
Sono intrappolata e ogni singola cellula del mio corpo sanguina, brucia ed emana sofferenza, perché soffro. Non avrei dovuto accendere la miccia della speranza. È sempre stato cenere, è cenere tutto ciò che ho toccato e tocco. Avrei dovuto capire, lasciare perdere, ma ho continuato ad ingannare me stessa, pur sapendo la verità. La fortuna è un qualcosa di sfuggente, scivola, si scioglie proprio come la neve quando cade sul palmo della mano. Appena la tocco svanisce nel nulla. È questo che fa la sofferenza, mi fa navigare nelle acque più profonde della memoria , a volte va oltre i mari dei sogni, oltre l’ immaginazione e ammareggia nell’isola che non c’è. Mi perdo. Se volessi arretrare, lei mi trattiene, mi fa conoscere l’indifferenza e a poco a poco, ogni particella, di ciò che ancora resta di me, sembra alzarsi in volo , senza mai guardare indietro. Leggerezza. Il flusso cristallino del mio io, giocherella in una danza lenta e allo stesso tempo rapida. Non ho paura, non sento dolore né sofferenza, soltanto pace. Un ultimo sguardo a quel corpo in cui ero imprigionata, in cui non ero io. Un corpo che non mi permetteva di fare ciò che desideravo. Muovermi, viaggiare, vedere il mondo, sentire la brezza del mattino, annusare il profumo del mare. Avrei voluto fare tante cose, avrei voluto esserci, come il respiro della vita per me c’era. Ma, soltanto il respiro c’era , nulla di più. Avrei voluto tante cose, ma quelle cose sono soltanto bagliori di luce nel buio, inganatrici di cuori speranzosi, appiglio per sorreggeregermi, niente di più. Avrei voluto sentire la brezza della felicità, di cui soltanto nei libri trovo traccia. Avrei voluto ubriacarmi nell’amore che tanto strugge il cuore. Avrei voluto…. Questi pensieri divampano nella mia mente , acendendendo quel fuoco di rabbia nel mio corpo che pensavo fosse ormai spento. Scosse di dolore lo attraversano e la pelle si gonfia per i brividi. Avrei voluto…..ma questo “avrei voluto” viene spazzato via dalle lacrime che rigano le guance come un fiume in piena. Ed eccomi qui. Annaspo. Annaspo nei miei stessi sentimenti. Vorrei essere forte, spegnere il vulcano che c’è in me. Vorrei… essere, perché sono il vuoto di qualcosa impercettibile che mi veste con l’indifferenza, l’inadeguatezza e l’ignoranza del tutto. Ed eccomi qui, avrei voluto, vorrei ma il mio annaspare continua in un mondo dove sembra tutto perfetto, ma nulla è perfetto. Le stelle si spengono, i grilli canticchiano e l’alba si fa strada fra le sfumature della notte che via via se ne sta andando. L’anima si ribella davanti a questa immagine, a un qualcosa di meraviglioso e allo stesso tempo amaro, perché si apre un altro giorno in cui annaspare sembra essere destino. ~ Elena Nen